L’animale il cui cibo sia stato bruscamente ridotto tende a contenere il dispendio energetico sia diminuendo l’attività fisica sia riducendo l’uso di energia all’interno delle cellule. Si parla di utilizzo interno operato dai clock biologici e dai sistemi di sorveglianza metabolici a livello cerebrale. L’animale risulta essere maggiormente affamato e, quando la restrizione di cibo cessa, finirà col mangiare di più quando non facesse di norma, fintanto che non avrà riacquistato il peso iniziale.
Questo modello è applicato anche all’uomo: ergo più si taglia violentemente l’alimentazione, più il risultato fintamente positivo porta il soggetto, quando gli viene data la possibilità di mangiare, a recuperare tutto il peso perduto.
Libero adattamento da “Cosa alimenta il grasso” – su Scientific American –
Nicola Camera