Nel 2013 venne formulata la seguente ipotesi ovvero che i batteri intestinali possono influenzare l’appetito del loro proprietario. Detto brutalmente, gli attacchi di fame non derivano sempre dal cervello, bensì dall’intestino. I batteri dispongo di mezzi per influenzare sia la voglia di alimentarsi che il senso di sazietà.
I microrganismi hanno mostrato di intervenire nella dieta e nel comportamento, nonché ansia, depressione, ipertensione e una serie di altre condizioni.
Per mantenersi e proliferare ci spingono a mangiare di più, orientando le nostre scelte dietetiche come e anche più della pubblicità che invade i media.
Lo fanno lanciando dei segnali chimici, rilasciando molecole messaggere che vanno a solleticare il nervo vago, fino a che lo stimolo diventa cosciente, arriva alla corteccia e si trasforma in avidità (A. Aktips).
Ma il cervello, pur protetto, permette il passaggio di zuccheri puri e minuscole sostanze come le molecole di segnale neuronale. In pratica possono stimolare i neurotrasmettitori (G.Enders).
Esiste anche un nesso tra batteri e colesterolo, scoperto la prima volta negli anni 70.
Il microbiota intestinale può essere quindi considerato un organo vero e proprio.
Nicola Camera