L’amido è la principale fonte di carboidrati disponibili all’assorbimento e utilizzabili dal metabolismo cellulare. Una % di amido variabile, ma comunque generalmente limitata, può non essere assimilata e viene definita amido resistente.
Le frazioni di amido resistente non sono tutte uguali e si definiscono in 4 tipologie o frazioni:
Tipo I – amidi fisicamente inaccessibile presente all’interno della parete delle cellule vegetali di cereali e legumi.
Tipo II – granuli di amido non gelatinizzato, in quanto cotti in poca acqua oppure consumati crudi, tipo le banane verdi.
Tipo III – trattasi di amidi che retrogradano, ovvero alimenti ricchi di amilosio cotti e raffreddati (patate, riso ecc.) oppure alimenti sottoposti ad elevata a processi di elevata temperatura come i corn flakes.
Tipo IV – amidi modificati chimicamente (cross-linkati o sostituiti) allo scopo di mantenerli stabili alla refrigerazione o al congelamento.
Quindi non tutti gli amidi sono similari e un amido non digeribile può costituire una fibra alimentare ovvero essere un amido resistente.
L’amido nella sua forma retrogradata è molto meno digeribile, perché i suoi cristalli non possono essere prontamente scomposti dagli enzimi digestivi ma arrivano intatti all’intestino per essere poi espulsi. Questo tipo di amido viene chiamato “resistente” proprio per la sua capacità di passare la barriera gastrica e intestinale senza venire scomposto.
In poche parole, gli amidi resistenti si comportano allo stesso modo delle fibre insolubili nel nostro intestino: favoriscono la peristalsi senza venire assimilate dall’organismo e senza apportare calorie. Questa interessante caratteristica è tutt’ora oggetto di numerosi studi, che si prefiggono l’obiettivo di trovare soluzioni all’epidemia globale di obesità che colpisce gran parte del mondo.
Riso integrale freddo cotto con olio di cocco vergine… il massimo della retrogradazione e della stabilità glicemica.
Nicola Camera