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Una dieta ricca di polifenoli favorisce una riduzione del tasso di mortalità nella popolazione anziana. La notizia, di per sé non è nuova ma innovativa è la modalità con cui è stato condotto lo studio. La dieta, infatti, non è stata analizzata monitorando la quantità di polifenoli ingeriti, ma attraverso la misurazione di alcuni biomarker nelle urine in grado di indicare con precisione la quota di polifenoli metabolizzata.
 
I polifenoli sono molecole presenti nei vegetali, con una funzione difensiva: rispetto ai batteri, ai parassiti e alla radiazioni ultraviolette. A partire dalla fine degli anni ’90, però, le potenzialità dei polifenoli sono state estese anche all’uomo. Si possono assumere attraverso: le fragole, il tè verde, i mirtilli, l’uvetta, le mele, la cipolla e l’aglio.
 
Ma più dei polifenoli, dotati di una bassa biodisponibilità, sono i loro metaboliti a svolgere un effetto preventivo. Per questo è importante capire cosa accade a queste molecole durante la digestione.
 
Secondo una ricerca di Antonio Cherubini et al. pubblicata su Journal of Nutrition un adeguato apporto di polifenoli è alleato della longevità ed è correlato a una riduzione del tasso di mortalità negli anziani.
 
È emerso che un elevato consumo di polifenoli riduceva del 30% il tasso di mortalità relativo a tutte le patologie.
 
Una ricerca della McGill University, in Canada, ha svelato, inoltre, un altro tassello del meccanismo medico che permette al cranberry, varietà di mirtillo rosso americano, di liberare le vie urinarie dai batteri. In particolare, spiega lo studio pubblicato sul Canadian Journal of Microbiology, il potere antimicrobico e antinfettivo è concentrato nelle proantocianidine, una classe di polifenoli e quindi di potenti antiossidanti, che riescono ad inibire diversi batteri.
 
È il caso di Proteus Mirabilis: il mirtillo rosso riduce la mobilità di questo batterio impedendo la formazione del flagello, organello che permette ai microrganismi di muoversi.
 
Nicola Camera